La lettera aperta di Roma Maschissima è stata sottoscritta da 430 persone, con adesioni arrivate da tutta Italia: tante sono le persone che hanno sentito la necessità di prendere posizione di fronte alla discriminazione di genere.


Chi non ha ritenuto di aderire e/o ha biasimato l'iniziativa spesso ha addotto delle motivazioni, in conversazioni private o pubblicamente. 

Riportiamo di seguito, in ordine alfabetico, le posizioni di disaccordo più ricorrenti, perché le riteniamo un contributo pertinente e utile alla riflessione condivisa, al di là della contingenza di questa specifica azione di denuncia. Ogni posizione è accompagnata da una breve riflessione con cui, a nostra volta, ci posizioniamo.


 

AD PERSONAM, quellə che pensano che la campagna di denuncia sia una rivalsa o un attacco personale.

Motto: ma che ti avrà fatto mai? 

 

Denunciare la disparità di genere di un evento pubblico non significa delegittimare l’operato complessivo né la reputazione delle istituzioni e delle persone coinvolte: non è un attacco personale. Viceversa, replicare alla denuncia con argomenti autobiografici significa voler ignorare o minimizzare il valore politico di una mostra pubblica.

 

 

ANCELLE, quelle che lavorano sodo, in silenzio e in terza fila, ma credono a chi racconta loro che quello sia il proscenio. 

Motto: ci sono anch'io, non mi hai contata! 

 

Che gli staff degli studi di architettura siano in massima parte costituiti da donne è lampante; che i ruoli apicali, direzionali e decisionali siano in massima parte ricoperti da uomini lo è altrettanto. Queste due circostanze sono le due facce della stessa medaglia: quella della disparità di genere.

 

 

BENALTRISTƏ, quellə che pensano che ci siano altre questioni ben più importanti, per esempio lo sfruttamento e la precarietà del lavoro. 

Motto: non è questo il problema!

 

Le rivendicazioni dei diritti non si indeboliscono fra loro, al contrario si rafforzano e si alimentano reciprocamente. La pluralità delle possibili denunce non delegittima quella in questione, né, viceversa, essa offusca tutte le altre.

 

 

DAL-BASSISTƏ, quellə che pensano che chi lavori all’università o nelle istituzioni sia inevitabilmente corrottə e non abbia diritto di fare campagne sui diritti. 

Motto: stai zittə tu!

 

Rigettiamo l’allusione a una possibile diretta corrispondenza tra l’essere parte di istituzioni/università e l’essere una persona corrotta. Che ci siano altre condizioni di disuguaglianza non obbliga a scegliere tra denunciarle tutte o non denunciarne nessuna. 

 

 

ELETTE, quelle che si sentono arrivate e invitano le ‘altre’ a essere ambiziose. 

Motto: datevi una mossa!

 

Le elette sono una variante delle ‘meritocratiche’ e un upgrade delle ‘ancelle’. La loro presenza non cambia né sovverte il patriarcato, al contrario lo consolida, attribuendo alle altre donne la responsabilità della disparità di genere che esse stesse subiscono.

 

 

ELUSIVƏ, quellə che pensano che la cosa non lə riguardi. 

Motto: ma io che c'entro?

 

Un sistema dispari influenza tuttə: nessunə ne è immune. Spesso chi sostiene di esserne estraneə è la parte che da quella disparità trae benefici e privilegi, consapevolmente o meno. 

 

 

FANCIULLƏ, quellə che pensano che ci sia una gara di sfiga tra essere giovanə ed essere donne. 

Motto: dai, per una volta che c’era una festa per noi ragazzə!

 

La battaglia contro la gerontocrazia non è alternativa a quella contro la disparità di genere. Di nuovo: le rivendicazioni dei diritti non si delegittimano o indeboliscono fra loro, al contrario si sommano e vanno insieme.

 

 

LIBERALƏ, quellə che ritengono che fare scelte personali, persino discriminanti, sia un diritto curatoriale insindacabile. 

Motto: è una decisione dei curatori, potranno fare come vogliono?

 

La disparità di genere non è un’opinione. E la parità di genere non è negoziabile né è ascrivibile a decisioni personali, ancor più in occasioni pubbliche: semplicemente non ci si può esimere dal garantirla sempre e comunque e dal denunciarne il mancato rispetto, che dipenda o no dalle proprie scelte contingenti. 

 

 

MERITOCRATICƏ, quellə che credono che il merito dipenda soltanto dal talento e dall’impegno e non riguardi anche la disparità di genere.

Motto: che vincano i migliori!

 

Non esistono meriti che non derivino, anche, da contesti favorevoli. Il merito non è mai indipendente dalle situazioni al contorno, sistemiche e specifiche, e la disparità di genere compromette l’espressione di capacità e l’accesso a opportunità. 

 

 

NATURALISTƏ, quellə che pensano che contare le donne sia un’operazione ideologica, che non tiene conto della realtà e di quel che è possibile fare per cambiarla.

Motto: ci sono poche donne, non le hanno trovate, e quindi? che ci si può fare? non farmi la morale!

 

Viceversa, è ideologico considerare naturale che non ci siano donne e che non ci si possa far niente, perché vuol dire naturalizzare disparità che sono esito di fattori storici e sociali, perciò costruiti e arbitrati, e che per questo possono essere contestati e ribaltati. Se invece sono naturali, che ci vuoi fare?

 

 

PRIMƏ, quellə che sono impegnatə da tempo come attivistə e ci tengono alla gerarchia del tempo. 

Motto: ehi, c’ero prima io!

 

Più siamo meglio è. Le rivendicazioni non sono una gara a chi arriva primo, si fanno assieme e non a titolo personale.

 

 

PURCHÉ SIA, quellə che sono così contentə che a Roma ci sia finalmente una mostra di architettura.

Motto: per una volta che qualcuno fa qualcosa!

 

La miseria di un panorama culturale non può in alcun modo giustificare un ridimensionamento delle aspettative così pronunciato da rendere accettabile e legittima un’iniziativa pubblica problematica dal punto di vista di genere. 

 

 

QUALITATIVƏ, quellə che ritengono che contare le donne sia mortificante.

Motto: le donne non sono mica numeri!

 

Le persone non sono numeri, ma fino a quando le donne non conteranno (cioè finché non saranno rilevanti), non si potrà smettere di contarle, ostinatamente. Se a contare sono le idee e non chi le esprime, “dovremmo dedurre che le idee, in questo Paese, le abbiano soprattutto i maschi”, scrive Murgia.

 

 

REALISTƏ, quellə per cui una mostra con poche donne è solo una fotografia fedele di un sistema generalizzato di disparità e dunque, con neutralità, lo ritrae così come è. 

Motto: vabbè, ma è la realtà dei fatti, no?

 

Anche se fosse appurato e dimostrato che non ci siano donne con requisiti di qualità all’altezza dei parametri fissati dai curatori, è inaccettabile che non si ponga la questione in chiave problematica, non si evidenzi e denunci l’iniquità, ma al contrario la si recepisca in silenzio, con ciò esibendola e legittimandola. 

 

 

REPUTAZIONISTƏ, quellə che in passato hanno fatto cose con e per le donne e pensano di poter vivere di rendita. 

Motto: la mia storia parla per me!

 

La parità di genere non si assolve una volta e per sempre e l’impegno per la sua garanzia non è un credito che si accumula per essere spendibile in futuro. L’impegno per la parità di genere si coniuga sempre al presente.

 

 

SOLIDALƏ, quellə che condividono le ragioni della denuncia, ma temono di offendere amicə / collghə / superiori / conoscenti coinvoltə nell’evento denunciato, o gli stessi curatori da cui sono statə invitatə a partecipare. 

Motto: vorrei, ma non posso.

 

Non esprimere un’opinione non equivale a rimanere neutrali. Il non prendere posizione è prendere posizione. Restare in silenzio di fronte alla disparità equivale a legittimarla e irrobustirla.

 

 

SISTEMISTƏ, quellə che pensano che la disparità di genere sia prodotta dal “sistema” e non sia perciò riconducibile a scelte e posizioni personali e individuali.

Motto: non sottilizziamo!

 

Il fatto che ci sia un sistema diffuso di disparità non è alibi con cui giustificarne l’accettazione e l’esibizione (proprio come, ad esempio, un sistema molto diffuso di sfruttamento e di precarietà delle false partite iva non solleva chi è  titolare di uno studio professionale dalle proprie responsabilità personali). 

 

 

TONE- POLICE, quellə che ok, va bene, però non mi piace proprio il modo, ci vuole garbo. 

Motto: ma cos'è tutto 'sto casino, non potevate scrivere in privato?

 

Chi prende parte a una mostra, in ogni ruolo e a qualsiasi titolo, si espone e prende posizione pubblicamente proprio in quanto partecipante alla mostra. Ogni evento rivolto al pubblico è per statuto una dichiarazione pubblica, nei contenuti e nei modi. La risposta, perciò, non può che esserlo a propria volta. Perché riguarda tuttə.

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