ROMA MASCHISSIMA, una fine, un inizio e qualche precisazione



All’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale
All’Azienda Speciale Palaexpo
Al team curatoriale e ai/alle Partecipanti della mostra ‘ROMA NOVISSIMA. DIREZIONI CONTEMPORANEE DEL PROGETTO D'ARCHITETTURA A ROMA’
Alla cittadinanza tutta

Per conoscenza:
Al Consiglio Nazionale degli Architetti, Conservatori, Paesaggisti e Pianificatori
All’Ordine degli Architetti, Conservatori, Paesaggisti e Pianificatori di Roma
All’Assessorato alle Politiche della Sicurezza, Attività Produttive e alle Pari Opportunità di Roma Capitale


Roma, 6 ottobre 2023

 

 

OGGETTO: ROMA MASCHISSIMA, una fine, un inizio e qualche precisazione. 

 

 

Il 29.09.2023 riceviamo alla casella di posta elettronica di Roma Maschissima una mail a firma del team di WAR Warehouse of Architecture and Research, che risponde alla lettera aperta da noi inviata lo scorso 25.09.2025. 

 

Sorprende che la replica alla lettera aperta di Roma Maschissima, pubblica e sottoscritta da oltre 400 persone, avvenga invece in forma di corrispondenza privata. Ma poiché nel corpo del testo della mail WAR indica “la cittadinanza tutta” tra i destinatari, riteniamo di rispondere comunque pubblicamente.

 

La lettera di WAR si apre con frasi di adesione ai principii generali dell’uguaglianza di genere, ma poi prosegue avanzando attenuanti e giustificazioni che tentano di smentire i dati e le ragioni della denuncia di discriminazione delle donne che si riscontra nella mostra ‘Roma Novissima’ e che resta purtroppo pienamente valida. 

 

La prima attenuante prodotta da WAR è la propria reputazione, che è un modo per portare la questione su un piano personale e giustificarsi con la formula ‘la nostra storia parla per noi’. Questo argomento è privo di ogni pertinenza rispetto ai temi sollevati da Roma Maschissima, i cui ragionamenti hanno sempre riguardato questa mostra e non l’operato complessivo del team curatoriale nel corso della propria carriera: Roma Maschissima non ha mai posto la questione su un piano personale. Perciò, la biografia delle persone coinvolte e le circostanze di altre attività/mostre/eventi che le hanno riguardate, direttamente o indirettamente, non hanno alcun significato o rilevanza rispetto alla denuncia di Roma Maschissima. Chiamandole in causa, WAR sposta il centro della questione dalla disparità di genere in questa mostra alla credibilità della propria reputazione: sono due temi completamente diversi e in nessun modo confondibili o sovrapponibili. 

Inoltre, la reputazione di WAR è comunque irrilevante e non pertinente perché la parità di genere non è una condizione che può essere soddisfatta concedendola una tantum o a volte alterne: va garantita ogni giorno e in ogni occasione. È perciò inaccettabile l’idea di compensare la grave disuguaglianza della mostra ‘Roma Novissima’ con quanto accaduto in altre occasioni, pretendendo la riscossione di crediti maturati altrove e in passato. 

 

Le altre attenuanti riprendono gli argomenti già emersi nelle dichiarazioni di Jacopo Costanzo e Gabriele Corbo riportate nell’articolo pubblicato da LaRepubblica il 27.09.2023 e su cui Roma Maschissima si è già espressa pubblicamente sul proprio blog e sui propri profili social.

Dobbiamo perciò tornare a evidenziare quanto segue: che i ‘team’ o le ‘squadre’, gli staff, degli studi di architettura siano in massima parte costituiti da donne è cosa lampante; che i ruoli apicali, direzionali e decisionali – cui corrispondono notorietà e riconoscimenti – siano in massima parte costituiti da uomini lo è altrettanto. Queste due circostanze non sono altro che le due facce della medesima medaglia – quella della disuguaglianza di genere – e pertanto, quelle che WAR intende come giustificazioni al contrario confermano e rafforzano le ragioni della denuncia di Roma Maschissima

Al di là di ogni dichiarazione, è lo stesso colophon della mostra a mettere la disparità di ‘Roma Novissima’ chiaramente nero su bianco: il fatto che il team di WAR sia menzionato in maniera distinta e subordinata è sufficiente per mostrare che queste donne rivestono ruoli del tutto secondari. 

 

La finalità della stesura del colophon in una mostra – rincresce doverlo ricordare – è di riconoscere e dar credito all’operato delle persone che vi hanno dato un contributo personale significativo, che può essere economico, materiale o intellettuale. 

Tra i 12 contributors di Panteon presenti nel colophon solo 3 sono donne e sono state considerate nei nostri conteggi: purtroppo sono appunto poche, pochissime. 

E gli studi internazionali, le “scrittrici, architette e fotografe” di Panteon e le altre “figure professionali” degli studi romani, che la lettera di WAR chiama in causa, non sono presenti nel colophon: se non sono state considerate dai curatori, al punto da essere assenti nel colophon, come potrebbero essere prese in considerazione da tutti gli altri?

Ulteriore tentativo di giustificazione è il rimando all’installazione Dare un nome all’architettura romana di Andrea Bentivegna, ove si riportano numerose architetture del Novecento, quasi tutte opere di uomini, e dove le opere di autrici donne – 6, su un totale di 179 architetture – sono evidenziate da Bentivegna con colore diverso. Questo dettaglio sarebbe, citando la lettera di WAR, la prova della “evidente testimonianza dell’attenzione” per gli argomenti di genere. Ma tutte queste oltre centocinquanta opere risalgono al secolo scorso, a dispetto di una mostra il cui tema è ‘Direzioni contemporanee del progetto d'architettura’. Di nuovo, non si tratta di una giustificazione, ma di un’ulteriore aggravante: questo dato riflette chiaramente l’inconsistenza dell’attenzione che in questa mostra è stata riservata alla garanzia della parità di genere. 

 

Infine, approfittando della circostanza della mail ricevuta da WAR, prendiamo atto che a dieci giorni dall’invio della nostra lettera (25.09.2023) – che ricordiamo essere aperta, pubblica e sottoscritta ormai da più di 400 persone da tutta Italia – nessuno dei destinatari ha ritenuto di rispondere pubblicamente attraverso i propri canali ufficiali. L’Azienda Speciale Palaexpo, il team curatoriale WAR e i partecipanti negli stessi ultimi dieci giorni hanno molto promosso la mostra, ma nelle loro numerose comunicazioni pubbliche non vi è traccia della denuncia sollevata da Roma Maschissima

Forse la voce di dissenso di qualche centinaio di persone non è, per loro, sufficientemente rilevante?

Allo stesso modo, prendiamo atto del totale silenzio degli organi che erano stati messi a conoscenza: il Consiglio Nazionale degli Architetti, Paesaggisti, Pianificatori e Conservatori; l’Ordine degli Architetti, Paesaggisti, Pianificatori e Conservatori di Roma; l’Assessorato alle Politiche della Sicurezza, Attività Produttive e alle Pari Opportunità di Roma. 

 

Nelle due sole comunicazioni di riscontro (qualche riga nel citato articolo ‘Troppi maschi nella mostra di architettura’ de LaRepubblica del 27.09.2023 e la mail ricevuta il 29.09.2023, mai divulgata al pubblico, cui si risponde con la presente) sia l’Azienda Speciale Palaexpo sia il team curatoriale WAR si limitano a giustificarsi cercando delle attenuanti. 

Con questo spirito, nella mail del 29.09.2023 WAR prospetta l’offerta di “ospitalità” alla “giornata conclusiva” della mostra Roma Novissima a una “rappresentanza” di Roma Maschissima, per “sommare le nostre istanze” ai temi della mostra. 

 

Ringraziamo, ma l’invito non è ricevibile: 

- perché non ravvediamo l’unico presupposto a partire dal quale poter intraprendere una discussione costruttiva e utile, ossia il riconoscimento dell’evidenza che la mostra ‘Roma Novissima’ sia gravemente problematica dal punto di vista della parità di genere, senza inconsistenti attenuanti;

- perché l’invito si riferisce alla giornata conclusiva della mostra, dimostrando che né l’istituzione promotrice né le persone coinvolte hanno mai sentito, dalla ricezione della denuncia avvenuta in concomitanza dell’inaugurazione, l’esigenza di accogliere le critiche o anche solo mettere in discussione la mostra stessa; 

- perché l’invito si rivolge alla garanzia della parità di genere come un tema che si andrebbe a sommare a quelli “delicati” (non sappiamo quali siano) della mostra, quando invece la marcata discriminazione di genere delegittima la mostra e la rende inaccettabile; la discriminazione di genere non si somma agli argomenti della mostra, ma la smonta.

 

Per concludere: il gruppo di lavoro che ha ideato e lanciato l’iniziativa Roma Maschissima ritiene soddisfacente il livello di diffusione e di grande condivisione che la denuncia ha ricevuto in tutta Italia attraverso una comunità che ha dimostrato di essere forte e fermamente convinta dell’urgenza di un cambio verso una sempre maggiore parità di genere, anche in architettura. A questa comunità sentiamo orgogliosamente di appartenere, a questa comunità auguriamo di crescere e a questa comunità esprimiamo sincera e commossa gratitudine. 

 

Ci sarebbe molto piaciuto parlare di architettura. 

Tra le centinaia di firme che hanno sottoscritto la lettera aperta di Roma Maschissima ci sono persone che notoriamente e autorevolmente dedicano molte delle loro energie alla cultura e all’architettura. Purtroppo, però, questa mostra ci ha costretto ad attenzionare la mancanza di qualcosa che invece dovrebbe essere ovvio: la garanzia di un diritto, la garanzia del diritto della parità di genere. Quando a mancare, come in questo caso, sono i fondamentali di una cultura equa e non discriminante, il più urgente dibattito da sollevare diviene automaticamente la denuncia dell’iniquità. 

Torneremo a parlare di architettura ogni qual volta la garanzia della parità di genere sarà una scontata condizione di partenza e non un tema di denuncia. 

 

Roma Maschissima non si esaurisce, ma prenderà nuove forme, perché, a quanto pare, ce n’è ancora urgente necessità. 

 


 

Federica Andreoni, Annalisa Metta

 

Roma Maschissima 


WEB  https://romamaschissima.blogspot.com


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Riscontro all’articolo “Troppi maschi nella mostra di architettura” LaRepubblica del 27.09.2023